BIOGRAFIA

Manuela Traini, in arte INIART, nasce a Civitanova Marche nel 1982. La sua espressione artistica, fin dai primi segnali, diventa strumento di analisi del proprio Io, del contesto in cui vive, delle persone che la circondano: un modo per comunicare all’esterno le paure, i conflitti, le riflessioni e le speranze del suo universo interiore.
Nel settembre 2015 Manuela espone le sue prime opere al Festival della Luce di Teramo presso ARCA (Laboratorio di Arti Contemporanee): sceglie la fotografia per realizzare questo ciclo tematico, usando sé stessa come modella e il suo corpo come superficie espressiva. Gli autoscatti diventano quadri a led in cui il corpo, dipinto e colorato, si trasforma nell’espressione metaforica di alcuni versi musicali. “Uno dei testi che più mi ha colpito e che ho sentito l’urgenza di rappresentare è di Mogol: Il mio discorso più bello e più denso esprime con il silenzio il suo senso, e con i colori si possono cancellare i più avvilenti e desolanti squallori. È stata la miccia che ha dato uno spessore alla mia attitudine”.


Il percorso di Manuela Traini vede la pittura al centro del personale immaginario. Dopo i Body Portrait immortalati con la macchina fotografica, l’autrice intraprende un percorso multimediale, coronato dal progetto presso il MACRO di Roma nel dicembre 2019. “Nuovo Ciclo” è una riflessione sulla natura del femminile, concretizzato nell’utilizzo del sangue mestruale come colore e degli assorbenti come superfici pittoriche. Attraverso una performance live e una serie di quadri sulle pareti della stanza nera, Manuela ha mescolato pittura, teatro, musica e scultura, entrando in scena con un kimono nero, dipingendo un assorbente di fronte ai visitatori, usando colori a tempera mescolati al proprio sangue mestruale. Un evento catartico che ha aperto la pittura allo spazio del più profondo vissuto emotivo.
Da un gioco con la sorella nasce un altro progetto che Manuela porta avanti da anni, e anche qui il corpo femminile diviene la tela per una temporanea trasformazione iconica. “Quando mia sorella incinta era ricoverata in ospedale, per sdrammatizzare la tensione ho cominciato a dipingerle il pancione. Dopo aver pubblicato sui social la foto, sono iniziate le richieste di altre donne, ed ecco che ha preso forma quest’avventura con decine di donne in gravidanza”. I pancioni diventano lo spazio generativo per dipingere immagini che affiorano dai ricordi intimi, da opere amate, dai fumetti della propria giovinezza: icone di Walt Disney, del cinema d’animazione, passando per l’urlo di Munch, la ragazza con l’orecchino di perla, le adolescenti di Banksy, i mondi di Van Gogh. “E un’esperienza totalizzante: per dipingere e poi fotografe le pance ci vogliono fino a 10 ore. Momenti in cui mi avvicino alle madri che incontro, vivendo con loro uno dei momenti più importanti della loro vita”. Un progetto partecipativo che diventerà un libro da collezione e raccoglierà tutte le donne incontrate negli anni, con le loro pance e le loro storie… Un libro tra body art, storia dell’arte, diario intimo e fotografia: “Chissà che non possa avere in copertina il mio di pancione”
